ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Il palazzo delle Poste,
l'equilibrata modernità
di Cesare Bazzani
di Andrea Bentivegna
11/06/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

Durante il ventennio fascista l’architettura rivestì un ruolo di primo piano, era, a ragione, considerata un eccellente strumento di propaganda ideologica. A questo proposito il regime fu promotore di numerosissime opere tra le quali le più diffuse erano senz’altro le stazioni e gli uffici postali.

Non era un caso. Entrambe infatti facevano capo all’allora potentissimo Ministero delle Telecomunicazioni, dicastero strategico per il controllo del paese, al comando del quale Mussolini volle Costanzo Ciano, padre di suo genero Galeazzo.

Nella nostra città il Ministero stabilì che venisse costruito un nuovo ufficio postale che fosse bello e imponente e che dimostrasse l’efficacia dell’opera modernizzatrice del Duce.

Per il progetto fu scelto un’importante architetto, Cesare Bazzani, un decano con all'attivo importanti opere in tutta Italia tra cui spiccavano certamente la Biblioteca Nazionale di Firenze e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, entrambe completate nel 1911.

Per il nuovo edificio viterbese fu scelta un’area centralissima, un lotto piuttosto irregolare che si trovava lungo quella che allora si chiamava via Littoria e che solo in seguito fu ribattezzata via Ascenzi.

La zona, un tempo ai margini della città, era totalmente cambiata da quando l’Urcionio, pochi anni prima, era stato interrato per dar vita alla nuova piazza del Sacrario.

È il 1933 e la sfida che si trovò ad affrontare Bazzani si presentava complicata ma assolutamente stimolante. Non si trattava solo di costruire un nuovo edificio ma anche di confrontarsi con la tradizione costruttiva viterbese dovendolo addossare direttamente accanto ai più importanti palazzi del centro storico tra cui quello dei Priori.

Ed è proprio questo l’aspetto che fa maggiormente apprezzare quest’opera. Se infatti oggi capita di alzare lo sguardo dal Sacrario verso piazza del Comune, non si riesce a cogliere nulla. O meglio, si vede l’imponente torre ''littoria'' fare da contraltare all’elegante torre di piazza del Comune e ci si accorge appena appena della possente mole dell’ufficio postale che sembra confondersi con la facciata posteriore di palazzo dei Priori del quale è pensata come un prolungamento.

L’alto basamento in peperino, l’intonaco color ocra e le forme classiche rendono infatti quest’ opera autenticamente viterbese. Eppure Bazzani non rinunciò affatto ad utilizzare elementi e forme tipiche del suo tempo ma seppe dosarli perfettamente e coniugarli con gli antichi materiali viterbesi creando un’architettura assolutamente rispettosa del contesto.

In un primo progetto l’accesso principale era posto al centro della facciata, lungo la via ma poi, in una seconda variante si sceglie di collocarlo nella posizione odierna e cioè sulla rientranza che affaccia verso piazza del Comune. Da qui si accede alla grande sala nella quale si trovano, allora come oggi, gli sportelli per il pubblico. Un grande ambiente, imponente e classico, impreziosito con eleganti marmi che è stato purtroppo mortificato dai lavori di ristrutturazione degli ultimi anni in cui i moderni arredi e finiture, quelle tipiche di qualsiasi ufficio postale odierno, hanno reso banale un’architettura un tempo molto più autentica e curata.

La torre, vero centro figurativo dell’opera ancorché posta all’estremità dell’edificio, svetta oggi possente verso il Sacrario. Sulla sua facciata il grande orologio è decorato con bassorilievi in terracotta che riproducono i segni dello zodiaco e che sono stati realizzati da Publio Morbiducci.

Anche la facciata principale, quella su via Ascenzi, era decorata con un apparato sculture ed in particolare era presenti due grandi statue, scolpite da Silvio Canevari, che riproducevano due allegorie della Guerra e della Pace ma quest’ultima fu poi rimossa.

L’edificio fu completato nel 1936, esattamente ottant’anni fa, e fu inaugurato in pompa magna dall’autorità in concomitanza con la proclamazione dell’Impero nel momento di maggior consenso per Mussolini, di lì a poco gli entusiasmi lasceranno il posto alla tragedia della guerra ma malgrado ciò, questo edificio è fortunatamente sopravvissuto fino ai nostri giorni e testimonia, nella nostra città, l’opera di un maestro come Cesare Bazzani





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